La recente offerta pubblica di scambio (OPS) di UniCredit su Banco BPM ha scatenato un acceso dibattito nel panorama finanziario italiano, evidenziando divergenze strategiche e preoccupazioni sul futuro del settore. L’operazione, del valore complessivo di 10,1 miliardi di euro, mira a delistare Banco BPM e procedere a una fusione con UniCredit. Tuttavia, l’approccio di UniCredit, definito “ostile” dal consiglio di amministrazione di Banco BPM, ha sollevato numerosi interrogativi.
Le posizioni di Banco BPM
Il consiglio di amministrazione di Banco BPM ha respinto fermamente l’offerta, giudicandola inadeguata e non in linea con le potenzialità della banca. Le recenti operazioni straordinarie e il piano industriale 2023-2026, che promettono ulteriori margini di crescita, rappresentano, secondo il consiglio, un valore che UniCredit non avrebbe considerato. Inoltre, l’intento di UniCredit di realizzare sinergie di costo per circa 900 milioni di euro — oltre un terzo della base costi di Banco BPM — alimenta preoccupazioni su possibili ripercussioni occupazionali e sociali.
La strategia di UniCredit
UniCredit, guidata da Andrea Orcel, ha offerto un concambio di 0,175 nuove azioni UniCredit per ogni titolo Banco BPM, valutando quest’ultima a 6,657 euro per azione. L’obiettivo dichiarato è ottenere il controllo di almeno il 66% delle azioni, una soglia necessaria per delistare la banca e integrarla pienamente. L’operazione punta a consolidare UniCredit come leader del sistema bancario italiano, rafforzandone la capacità competitiva a livello europeo.
Le implicazioni politiche ed economiche
L’offerta non ha lasciato indifferente il governo italiano. Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha richiamato l’attenzione sul ruolo del golden power, mentre Matteo Salvini ha sollevato il dubbio che questa mossa possa ostacolare altre operazioni strategiche, come una possibile fusione tra Banco BPM e MPS.
Il ruolo di Crédit Agricole
Un ulteriore elemento di complessità è rappresentato da Crédit Agricole, primo azionista di Banco BPM con il 9,2% delle quote. La banca francese non ha al momento richiesto l’autorizzazione per aumentare la propria partecipazione oltre il 10%, ma il suo ruolo potrebbe rivelarsi cruciale nel determinare l’esito dell’OPS.
Conclusioni
La proposta di UniCredit non è solo una mossa strategica per consolidare il settore bancario, ma anche un banco di prova per il futuro della governance aziendale e delle politiche occupazionali in Italia. Le prossime settimane saranno decisive per comprendere se prevarrà la visione di integrazione proposta da UniCredit o la difesa dell’indipendenza e del valore prospettico sostenuta da Banco BPM.
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