Con una recente pronuncia del 17 ottobre 2023, la Suprema Corte di Cassazione - sezione Penale - si è pronunciata (nuovamente) sul tema della confisca nell’ambito dei reati tributari.
Tale argomento ha destato e desta tutt’oggi dibattiti dottrinali, in ragione della complessità di analisi nella confisca per equivalente in connessone con il concetto di profitto nei reati tributari. In tale categoria di reati, infatti, la Corte ha già chiarito come il concetto di profitto comprenda «non soltanto un risparmio economico derivante dalla sottrazione degli importi evasi alla loro destinazione fiscale […] ma anche il mancato esborso dell’imposta dovuta, ancorché consista solo in una posta contabile di natura immateriale».
Il Supremo consesso rileva come ai fini della confisca per equivalente del profitto derivante da un reato tributario, poiché si è innanzi a reati di pericolo, anche la compensazione costituisce forma di modifica/estinzione dell’obbligazione, consentendo al contribuente di conseguire una utilità proprio da una «compensazione fraudolentemente alterata». Alla luce di ciò, la Corte ritiene che una siffatta compensazione sia astrattamente idonea a costituire oggetto di confisca per equivalente, e pronuncia quindi il seguente e significativo principio: «il credito non portato in detrazione nell'anno di competenza, e così sottratto alla compensazione, modificando l'obbligazione tributaria fuori dai casi previsti per legge, è indicativo di un profitto idoneo a costituire oggetto di una confisca per equivalente». [Corte di Cassazione - sez. penale n. 42195/2023]
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