Nel 2025, la Banca Centrale Europea (BCE) si prepara a proseguire il ciclo di tagli dei tassi d’interesse, spinta dalla debole crescita economica e dal rallentamento dell’inflazione. Dopo aver ridotto il tasso di deposito al 3% nel 2024, gli analisti prevedono ulteriori riduzioni fino al 2%, considerato il livello “neutrale” per l’economia. Tuttavia, alcune proiezioni più pessimistiche indicano che i tassi potrebbero scendere anche sotto questa soglia, a seconda delle dinamiche globali e dei rischi commerciali.
I fattori principali dietro questa politica accomodante sono il calo dell'inflazione – prevista al 2,1% entro il 2025 – e una crescita economica anemica, con il PIL dell’Eurozona stimato in aumento di appena l’1,1%. La BCE ha inoltre abbandonato la sua linea di mantenere una politica “sufficientemente restrittiva”, segnalando un chiaro cambio di rotta verso una maggiore flessibilità. Christine Lagarde, presidente della BCE, ha ribadito l’importanza di un approccio graduale e adattivo, ma ha sottolineato che il solo intervento della politica monetaria non è sufficiente per affrontare le sfide economiche dell’Eurozona.
Le tensioni commerciali globali e le politiche protezionistiche, come i nuovi dazi promessi dal presidente eletto Donald Trump, rappresentano un rischio significativo per l'economia europea, soprattutto per i settori orientati all'export. Questo contesto potrebbe spingere la BCE a una serie di tagli più rapidi e profondi, portando il tasso di deposito fino all’1,5% o anche all’1%. Alcuni economisti vedono questi sviluppi come necessari per contrastare i potenziali effetti disinflazionistici di una riduzione del commercio globale.
Nonostante queste prospettive, la BCE si trova a un bivio. Se da un lato è pronta a sostenere l’economia con una politica monetaria più espansiva, dall’altro Christine Lagarde ha sottolineato la necessità di interventi complementari da parte delle politiche fiscali dei governi nazionali. La combinazione di riforme strutturali e una governance economica più robusta sarà fondamentale per garantire una crescita sostenibile e la stabilità economica nell’Eurozona nei prossimi anni.
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