La crisi sanitaria nella Striscia di Gaza ha raggiunto livelli critici, con ospedali sovraffollati, carenza di personale medico e mancanza di forniture essenziali. Gli attacchi incessanti e la distruzione delle infrastrutture hanno portato il sistema sanitario locale al collasso, mettendo a rischio la vita di migliaia di persone. I medici sul campo denunciano una situazione drammatica, con pazienti lasciati senza cure adeguate, interventi chirurgici eseguiti senza anestesia e una totale impossibilità di far fronte al crescente numero di feriti.
Secondo Medici Senza Frontiere (MSF), la situazione negli ospedali è fuori controllo. I corridoi sono pieni di feriti in attesa di cure, mentre il personale medico è costretto a lavorare senza sosta, con strumenti limitati e senza possibilità di far arrivare nuovi rifornimenti. Il dottor Mohammad Qishta, chirurgo dell’ospedale Nasser, ha descritto il caos che si vive nei pronto soccorso: "Il nostro pronto soccorso è in condizioni disastrose. Abbiamo corpi e parti di corpi, per lo più bambini e donne. C'è molta confusione tra la popolazione. Alcuni sono corsi in ospedale solo per proteggersi. Noi medici abbiamo pianto per l’intensità e la difficoltà della situazione. Ci sono casi gravi: ustioni, amputazioni, ferite alla testa e al torace".
Le strutture sanitarie della Striscia di Gaza, già provate da anni di conflitto e isolamento economico, non erano preparate a gestire un numero così elevato di pazienti. Molti ospedali sono stati colpiti direttamente dai bombardamenti, con danni irreparabili a reparti chirurgici e unità di terapia intensiva. La carenza di elettricità complica ulteriormente la situazione, con generatori di emergenza che funzionano a intermittenza a causa della mancanza di carburante. Alcuni ospedali hanno dovuto interrompere interventi chirurgici e cure essenziali, costringendo i medici a scegliere chi salvare e chi lasciare morire.
La mancanza di farmaci e attrezzature mediche sta aggravando la crisi. Gli anestetici scarseggiano, costringendo i chirurghi a operare senza sedazione. Le bende e i materiali di sutura stanno per esaurirsi, e la carenza di antibiotici sta causando infezioni potenzialmente letali tra i feriti. I reparti pediatrici sono particolarmente colpiti: migliaia di neonati e bambini non ricevono cure adeguate, con gravi rischi per la loro sopravvivenza.
L’accesso agli ospedali è diventato estremamente difficile per i civili. Le strade distrutte e i bombardamenti continui rendono quasi impossibile raggiungere le strutture sanitarie, lasciando molti feriti intrappolati nelle macerie delle loro case. Le ambulanze non riescono a muoversi rapidamente, e molti pazienti arrivano in ospedale troppo tardi per essere salvati.
Le organizzazioni umanitarie continuano a chiedere un immediato cessate il fuoco per permettere la consegna di aiuti e l’evacuazione dei feriti più gravi. Tuttavia, i blocchi ai valichi di frontiera e le restrizioni sulle forniture sanitarie impediscono un flusso adeguato di aiuti. Solo una piccola parte delle richieste di ingresso di materiale medico è stata approvata, lasciando la maggior parte delle strutture ospedaliere senza risorse sufficienti.
Le condizioni igienico-sanitarie nei campi profughi e nei rifugi improvvisati stanno peggiorando rapidamente. La carenza di acqua potabile e la distruzione delle reti fognarie stanno favorendo la diffusione di malattie infettive come diarrea, epatite A e infezioni respiratorie. Senza misure di contenimento, il rischio di epidemie diventa sempre più concreto, mettendo a rischio l’intera popolazione della Striscia.
Il personale medico è allo stremo. Molti operatori sanitari sono morti nei bombardamenti, mentre chi è rimasto lavora in condizioni disumane, senza poter riposare e senza il supporto necessario. La fatica e il trauma psicologico stanno mettendo a dura prova la resistenza degli operatori sanitari, che continuano a curare i feriti con risorse sempre più limitate.
La comunità internazionale ha chiesto più volte di garantire corridoi umanitari sicuri per l’evacuazione dei feriti e la consegna di aiuti sanitari. Tuttavia, gli sforzi diplomatici per ottenere una tregua umanitaria non hanno ancora portato a risultati concreti. Senza un intervento immediato, la crisi sanitaria rischia di trasformarsi in una catastrofe ancora più grande.
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